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Brunelleschi, Sun Ra e la singolarità tecnologica.

  • paoloporta68
  • 26 nov 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

26/11/2024

di Paolo Porta


3' di lettura




Mi pare che la fatica nel decifrare nuove forme di espressione, soprattutto le più oscure o elusive, abbia prodotto anche in tempi recenti una sorta di visione crono-gerarchica. Il criterio spesso è solo temporale e ordina i dati in base alla sequenza degli eventi. Da ciò

segue una gerarchia disgiunta dai reali criteri quali sono i valori spirituali, intellettuali, artistici, sociali, estetici etc . Per cui ciò che è stato fatto prima sia “meglio” del nuovo. Questo fenomeno vale anche al contrario: a me riesce difficile pensare che il principio di evoluzione o meglio la mutazione del linguaggio possa determinare la priorità di un artista o di un'epoca rispetto ad altri. Un certo tipo di espressione rappresenta anche il clima in cui si è manifestata, con le aspirazioni e i mezzi propri di quel tempo e luogo. Brunelleschi ha spinto in avanti il concetto di prospettiva, ma non ne farei un artista “migliore” di Giotto per questo motivo. Né tantomeno vale il contrario.

Non intendo esporre qui una tesi di filosofia dell'arte, ma condividere alcune riflessioni in merito a ciò che si manifesta nel mondo a me noto. Tornando quindi al “mio” mondo, nella narrazione storiografica della musica afroamericana ma anche nei luoghi comuni, nei luoghi veri della musica suonata e vissuta prevale questa concezione, ovvero che ciò che è vecchio sia figo. Non è tanto avvalorata da un senso critico, quanto piuttosto è sorretta e rafforzata dalla resistenza e dalla diffidenza verso nuovi linguaggi e dal collettivo e rassicurante senso di aderenza a ciò che invece è storicizzato e legittimato. Ricordo che Parker, Monk, Coltrane, Ornette o Sun Ra in epoche diverse, prima della glorificazione, sono stati esponenti di un'eresia rispetto al dogma del momento. Ad esempio: non ricordo con precisione, ma so che si trattava di una figura storica del Bebop. Le parole erano pressappoco queste: “Un tempo esistevano tre o quattro brand di sax e di imboccature e tutti avevano un proprio suono personale. Ora che l'offerta è molto più ampia tutti hanno lo stesso suono”. E inoltre: “la musica di un tempo era meglio di quella di oggi, ora tutti suonano allo stesso modo”.


Di certo l'industria della formazione ha massivamente contribuito a formare musicisti tutti uguali, illude e fallisce nella missione di preparare dei professionisti. Ma le istituzioni accademiche esitono da “sempre” e sicuramente non hanno mai incoraggiato la trasgressione delle regole. A mio parere non è esattamente così e il “problema” non sta lì. La tesi per cui oggi ci siano solo incredibili virtuosi senza anima né idee e che un tempo ci fossero artisti più personali e degni di nota è piuttosto semplicistica ed è legata alla nostra percezione viziata dai social. La nostra finestra virtuale semplicemente ci mostra molto più di ciò che già in passato esisteva ma non era sotto i nostri occhi. più che altro mi pare che quello che viviamo-osserviamo sia sempre più scollato, sempre meno corrispondente a quello che abbiamo considerato reale fino a soli 10-20 anni fa. La sovraesposizione e saturazione di informazioni ne sono il prodotto e la connaturata ed inevitabile manifestazione, o forse proprio la loro essenza sfuggente ed effimera. Il limen tra le due realtà è appunto la categoria dell'inconsistenza, propria degli spazi liminali. Ogni giorno milioni di artisti impazziti sgomitano per tenere la testa fuori da questa ondata produttiva e per imporre alla nostra precaria attenzione “contenuti” degni di nota e rimanere così visibili, “rilevanti” , presenti. La conseguenza è che pur cercando di prevalere - e in definitiva di guadagnare qualcosa che non è sempre e solo denaro – inconsapevolmente diventano ciascuno la copia dell'altro. Emulazione ed omologazione sembrano il frutto di questa saturazione. In un'esponenziale e identica, frattale ripetizione su ogni scala.


La musica - e il paradosso è che il teatro di questa solitudine si chiama “social”- è vissuta in maniera sempre più privata e solitaria. La facilità con cui la si può produrre - non entro nel merito della qualità, ammesso che abbia senso parlare di qualità dell'arte - genera oggetti che sono il frutto dell'isolamento e della frammentaria e precaria epoca che viviamo. Ho cominciato a suonare molti anni fa anche per un'esigenza sociale. Il gap tra le generazioni, che potrebbe anche funzionare per provocare una crescita trasversale, è fisiologico. Il mio modus operandi e i miei processi creativi certo non possono essere quelli di un ventenne, ma noto che la comunicazione e il confronto vissuto, che per me erano una questione essenziale ed esistenziale ora sono praticamente negati. L'arte che per me è l'espressione del momento, filtrata dalla propria interiorità e vissuta realmente, è finita con i reels da un minuto. Questo è il presente che dilaga sui social e vivrà una deriva sempre più inarrestabile se pensiamo all'intelligenza artificiale. Bowie in maniera profetica 30 anni fa prevedeva conseguenze “drammatiche” e inprevedibili in merito ad internet. Lo sviluppo dell'Intelligenza artificiale e la cosiddetta singolarità tecnologica spostano oltre il confine e mostrano, per ora solo in misura teorica, uno scenario incontrollabile, ma stanno conducendo già ora a dei cambiamenti profondi e imprevedibili per la civiltà umana. Questo cambiamento epocale investe ogni ambito dell'esperienza umana, arte compresa.


Con un sentimento contrastante di realismo e auspicio, nonostante tutto credo che esisteranno sempre figure degne di attenzione. Penso però che vadano cercate altrove, tra le pieghe di ciò che rimane dei rapporti davvero umani e che vadano sostenute perchè sono un vento contrario, soprattutto in un momento oscuro come questo. Intendo dire che questa diversa posizione presuppone un certo scarto tra l'artista, la propria voce e le proprie motivazioni da una parte e...le voci dominanti, le alleanze, le convenienze, il grammo quotidiano di dopamina, i condizionamenti, il mainstream, la politica, la musica ( la danza, la letteratura, la fotografia, you name it ) come professione, il successo, l'approvazione...dall'altro.






 
 
 

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